Relitto di Chiessi

Il Relitto di Chiessi fu individuato nell’ottobre del 1967 , a 500 m. dalla costa, su un fondale di circa 50 m. Si tratta del relitto di una nave oneraria. L’intervento dei subacquei del circolo T. Tesei di Portoferraio ed i sequestri, effettuati in più riprese da parte della Guardia di Finanza, hanno consentito il recupero di una notevole parte del carico ed impedito il totale saccheggio del giacimento. Ciononostante il sito, che al momento della scoperta si presentava imponente, tanto da far pensare alla presenza di oltre 3000 anfore o a una “cattedrale” di anfore, attualmente appare devastato.


Il carico era composto da anfore di produzione ispanica, presenti in cinque forme diverse (Pelichet, Beltran, Vindonissa, Dressel, anfora con solcature orizzontali), tutte databili tra gli ultimi decenni del I secolo d.C. e gli inizi del II secolo d.C. II bollo SAEMIAMES, riferito al fabbricante, e presente su un’anfora di forma Dressel 20, rimanda anch’esso alla Spagna, e in particolare dalla regione della Baetica, a Las Huertas de Rio. Le anfore erano disposte su tre strati per una lunghezza di 22-25 m e una larghezza di 12 m; in mezzo a esse furono ritrovate fascine di Erica Scoparia, destinate evidentemente a evitare i danni provocati da eventuali urti. Olio, pesce secco, salse di pesce e vino erano i prodotti trasportati all’interno delle anfore, alcune delle quali sono state recuperate ancora piene e chiuse con piccoli tappi.

Molto scarsa la suppellettile di bordo, composta da ceramica fine da mensa di produzione ispanica e sud-gallica; a questo proposito occorre anche rilevare che, data la scarsità dei materiali sopravvissuti al saccheggio della nave, si presenta difficile la distinzione tra la ceramica di uso a bordo e quella dell’eventuale carico trasportato. Fra i resti della nave e delle attrezzature di bordo, è notevole la presenza di due lastre di piombo di una vasca, decorate con una scena di caccia all’orso, un tubo di piombo e due cuscinetti di bronzo che facevano parte del sistema di raccolta e d’evacuazione delle acque di sentina.

E’ possibile osservare vari reperti ritrovati con il relitto al Museo Civico Archeologico della Linguella Portoferraio


Della struttura dello scafo, di cui peraltro vennero portati in superficie alcuni elementi lignei, si recuperarono numerosi chiodi di rame, alcuni dei quali conservano il tassello di legno dove erano ribattuti.

È stato recuperato anche un grande “pane” di bronzo del peso di kg 83,600. L’ omogeneità e il tipo del carico indicano quindi la Spagna meridionale come area di provenienza della nave. È probabile che la sua destinazione non fosse l’Elba, ma un porto della terraferma, forse Ostia. Il relitto, datato all’ultimo quarto del I sec. d.C., testimonia tuttavia l’importanza dell’Elba come tappa lungo una rotta di lunga percorrenza, e in particolare sottolinea il ruolo della parte occidentale dell’isola nel delicato attraversamento Corsica-Elba.


Le Pélichet del relitto di Chiessi

Le Pélichet del relitto di Chiessi appartengono alla variante più tarda della forma individuata dal
Beltran Lloris. Erano corredate da coperchi, di semplice forma discoidale con presa al centro.
L’argilla, in genere molto fine ed omogenea, varia dal grigio-verdastro al beige-rosato. Tutte le anfore presentano una caratteristica ingubbiatura bianco-crema o verdastra ed all’interno conservano abbondanti tracce del rivestimento di resina. L’inizio della produzione della forma, diffusa prevalentemente nel bacino occidentale del Mediterraneo dal I secolo alla metà del II secolo d.C., è fissato alla fine dell’età augustea sulla base dei materiali rinvenuti nei contesti ben datati di Mainz e Vindonissa. I centri di fabbricazione, gli stessi che producevano anche le anfore Beltran e Dressel, sono da ricercare nella Betica, a Puerto Real e ad Algeciras. La forma era destinata al trasporto delle salse di pesce: una ulteriore conferma di questo uso è rappresentata dalle Pélichet di Chiessi che conservano ancora all’interno spine e vertebre di pesce in grande quantità.


Anfore di forma Beltran

Furono poi recuperare quattro anfore, di cui due frammentarie, identificabili con la forma Beltran. Molto simile per struttura alla forma Pélichet e prodotta all’incirca negli stessi centri, anch’essa era destinata al trasporto di garum e salse affini. Le Beltran II B di Chiessi, realizzate in un’argilla piuttosto omogenea di colore variabile dal beige rosato al grigio verdastro, presentano all’interno tracce evidenti del rivestimento di resina. Soprattutto sulla base della documentazione relativa alla Spagna, si desume che la produzione di questa forma è iniziata in età tiberiano-claudia e continuata per tutto il II secolo d.C. Confermano questa datazione i ritrovamenti di Ostia.


Le Dressel de relitto di Chiessi

Del carico faceva parte anche un gruppo di anfore di forma Dressel 20, realizzate in un’argilla grigiastra e piuttosto friabile, appartenenti al tipo inquadrabile cronologicamente in epoca flavia o nei primi decenni del II secolo d.C. Una di queste anfore, attualmente conservata al Museo Civico di Marciana, presenta su un’ansa il bollo SAENIAMES, a lettere rilevate in cartiglio rettangolare. Oltre a queste tre forme, ben conosciute e attestate in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo, dal relitto di Chiessi provengono anche sei anfore riferibili alla forma Vindonissa, Haltern , Camulodunum. Sono caratterizzate da un’imboccatura con alto labbro svasato, da un ventre ovoide con piccolo puntale pieno nettamente separato dal corpo e da anse a nastro ingrossato con profonda solcatura longitudinale al centro. L’argilla varia dal rosato al rossastro ed è piuttosto fine. Il tipo è stato oggetto di ampie discussioni e solo recentemente si è giunti ad una sua più precisa definizione, anche se manca ancora un completo studio analitico. Si tratta di una forma, diffusa nell’ambito del l secolo d.C., prodotta probabilmente nella Spagna meridionale dove se ne segnalano abbondanti rinvenimenti; ancora incerto il suo contenuto, forse garum oppure olio o olive. L’associazione di questa forma, nel relitto di Chiessi, ad altre di indubbia produzione ispanica può costituire una nuova attestazione della provenienza del tipo dalla Spagna. La forma è presente anche a Lunì e a Pompei.


Si ricordano infine due anfore caratterizzate da un’imboccatura con labbro a fascia leggermente obliquo, corpo ovoide piuttosto allungato con fitte e lievi solcature orizzontali, puntale conico e anse a nastro ingrossato con profonda solcatura esterna centrale. L’eccezionale omogeneità del complesso farebbe pensare ad un’anfora di produzione ispanica, ma l’assoluto isolamento del tipo e, oltre a questo, la mancanza nei due esemplari di bolli o iscrizioni, non consentono un suo più preciso inquadramento. Si segna, a questo proposito, il rinvenimento, nel tratto di mare antistante Gerona, di un’anfora con “acanaladuras multiples” e caratteristiche strutturali abbastanza simili a quelle degli esemplari elbani che sembrerebbe confermare la provenienza ispanica della forma.


Fra la scarsa ceramica da mensa recuperata, ricordiamo un frammento pertinente ad una coppa, di produzione sud gallica, probabilmente di forma Dragendorff, che conserva sul fondo interno, a lettere rilevate in cartiglio rettangolare, il bollo MOM, attestato nella tarda età giulio-claudia e nella prima età flavia. Oltre a questo frammento è di particolare interesse il bollo SAENIAMES, sull’ansa della Dressel, da riferire ad una fabbrica della Betica, nella regione di Hispalis, a Las Huertas del Rio dove si segnala il ritrovamento di numerosi frammenti di anfore con bolli appartenenti alla stessa famiglia. Sembra certo che i numerosi bolli SAEN derivino da un nome personale, evidentemente il commerciante; manca nella Betica un nome di luogo al quale questa abbreviazione possa essere riferita, mentre in due iscrizioni, una dalla Betica e l’altra dalla Tarraconese, è ricordato un Q. Saenius Cresces ed in una terza da Cadice è menzionata una Saenia. Si segnalano altre anfore con bolli SAEN a Roma, in Provenza e lungo il corso del Rodano, a Vienne. L’attività della fabbrica deve essere collocata, per Callender e Beltran, tra la fine del I secolo d.C. e la prima metà del II secolo d.C., in un periodo compreso tra l’80 ed il 140 d.C.
La cronologia più probabile del relitto di Chiessi sarà pertanto l’ultio quarto del l secolo d.C.


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Riprese al relitto di Chiessi (1967) e Sant’Andrea (1972)


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